Bruce Springsteen a Udine
Bruce Springsteen a Udine

UDINE - Stadio FRIULI- 23/07/2009

Foto di Nicola Lonardi (prime 2 + scaletta) e Mauro Regis

Mandi, Udin!!!”

Memori delle precedenti folgoranti esperienze non abbiamo impiegato, io ed il fido Rock-sismic- Team (Andrea, Fulvio e Carlo), più di trenta secondi per decidere di acquistare per tempo i biglietti per il “Working on a dream Tour 2009” del Boss. Anche se a settembre scoccherà l’ora dei 60 anni, anche se Clarence “Big Man” Clemons dimostra tutti i suoi 67 anni piagati dall’artrosi, anche se Max Weinberg è anch’egli over 60 e Little Steven ci va a tiro, Bruce Springsteen e la E Street Band costituiscono una garanzia assoluta di qualità, energia, passione, emozioni live che non trovano pari.

Nonostante gli ultimi due album del Boss non rappresentino certo il meglio della sua produzione, e non possano nemmeno avvicinarsi a capolavori assoluti quali “Born To Run”, “Darkness on the edge of Town”, “The River”, dal momento che rappresentano una virata pop, che seppur si lascia ascoltare e financo gradire in alcuni pezzi, tuttavia non aggiunge nulla ad una discografia dove il tesoro prezioso è racchiuso in altri scrigni, la musica cambia, eccome, nelle esibizioni live dell’uomo di Asbury Park e dei suoi fidi compagni di quasi quarant’anni di carriera.

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Fiduciosi pertanto e certi di vivere una magica serata, viste le notizie sulle precedenti date del tour europeo, ci siamo appollaiati sulla capiente ed insolitamente comoda tribuna del Friuli di Udine. Carlo è stato all’ultimo momento rimpiazzato dalla Signora Rossi, ed al gruppo si è aggiunto quale valentissimo autista ed alla bisogna massaggiatore ed agopuntore, l’ottimo Gabriele. Dopo la bolgia dell’anno scorso a S. Siro, il clima udinese era ben altro….lo stadio non era sold out, 35.000 persone si scoprirà poi, anche se a dire il vero sembrava fossero di meno, e tribuna comoda dove era gradevolmente assente l’effetto sardina. Complice la felice ubicazione dello stadio, lontano dal centro abitato, il Boss (l’anno scorso denunciato con il promoter per 20 minuti fuorilegge a Milano) ha sforato sull’annunciato orario di inizio del concerto, previsto per le 20.30, arrivando allo stadio alle 21.00 in punto: meglio così, un concerto con la luce del giorno non regala la stessa atmosfera della notte!

Il tempo di scendere dalla lunga teoria delle Mercedes (praticamente una a testa per i componenti della band!!!) che sul palco sono comparsi Nils Lofgren, Charlie Giordano e Roy Bittan fisarmonicamuniti che hanno attaccato una……tarantella!!! Certo Udine forse avrebbe meritato un’altra citazione alla musica popolare italiana, ma tant’è…..

Mentre il trio suonava, uno ad uno sono comparsi tutti i componenti della band, con il Boss a chiudere. Tradizionale abbraccio propiziatorio con il “totem” Clemons e via con un “Mandi Udin!!!” ripetuto tre volte ed atteso, dopo che a Torino il Boss aveva salutato in piemontese! Senza soluzione di continuità il Boss ha regalato subito al pubblico una “chicca” che da tempo non eseguiva nei concerti , “Sherry Darling” da “The River” (ci si dice essere la terza volta di sempre in Italia!), in vesrione particolare, con le fisarmoniche, seguita subito da un’altra scarica di adrenalina per i “talebani” del pit, vale a dire “Badlands”.

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E qui si è subito notata una certa distanza tra un pubblico “prataiolo” come al solito caldo e ribollente, rispetto ad un pubblico “tribunizio” meno caliente del solito. Certo, il Friuli non è stadio raccolto come San Siro, anzi ha forma ampia e dispersiva (che però ha in compenso giovato, eccome, all’acustica) grazie anche alla pista d’atletica. Ma si sentiva il fatto che il pubblico era composto in buona parte anche da giovani croati e sloveni (posti ove il Boss mai ha suonato) evidentemente alla prima esperienza live.

Fortunatamente la “macchina da guerra” di Bruce e la E Street sul palco procedeva sicura a colpi di “One Two Tree Four” tra pezzo e pezzo senza alcuna interruzione. “Hungry Heart” ha completato il trittico iniziale tutto incentrato su due dei migliori album della carriera del Boss, e si è arrivati ad un’emozionante “Outlaw Pete”, in assoluto il miglior pezzo dell’ultimo album “Working on a dream” ed ancor più energica ed emozionante dal vivo, con tanto di Monument Valley sparata sui maxi schermi. In assoluto l’album più suonato dal Boss ad Udine è stato “Born in the USA” con ben cinque brani, il primo dei quali è stata la sempre trascinante “Darlington County”.

Non c’è tempo per riposarsi, il Boss regala un altro siparietto in simil friulano “Son content d’essr chi (!!!)” e regala la seconda vera chicca della serata, la struggente “Something in the night” sempre tratta da “Darkness on the edge of town”, ed anche questa suonata pochissimo nei precedenti tour ed anche in questo, che apre una pausa di due brani più “morbidi”, completata dalla seconda ed ultima, quasi obbligata, incursione nel presente dell’ultimo album con la title track “Working on a dream”. Brano che dal vivo acquista un quid in più rispetto all’album, ma che si conferma come canzone di rango decisamente minore.

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Terminata la quale serve una nuova scarica di adrenalina, quella garantita da un altro brano poco eseguito, una “Murder incorporated” di travolgente energia. Max Weinberg, rientrato in tour dopo che si era fatto sostituire dal figlio diciottenne Jay nelle prime date europee (piccoli E Street crescono….), detta un ritmo incessante e tremendamente solido, Clarence Clemons, statuario nella sua tenuta nera che fa venir caldo solo a guardarlo, fa cantare il suo sax …..quando parte una eccezionale e scatenata “Johnny 99” da “Nebraska” seguita da “No Surrender” (nella scaletta autografa che vedete allegata in realtà era prevista “Because the night”) e da un’altra “primizia” per il tour, “Summertime blues” di Eddie Cochran. Terminata la quale arriva, sulle note strumentali di “Raise your hand”, il momento per il quale i “pittini” hanno tanto faticato e che sta diventando la costante degli ultimi tour: il Boss che parte e raccoglie i cartelli dei brani a richiesta…raccoglie pure una gigantesca banana gonfiabile che però abbandona prima di rientrare sul palco.

Sarà pure un giochetto un po’ furbo (il Boss può decidere a tavolino su quale brano puntare, tanto sa che praticamente la gamma che gli viene richiesta è infinita), ma rappresenta un indubbio gesto che lo avvicina in modo incredibile al suo pubblico…non lo impaurisce né infastidisce il contatto con migliaia di mani che si protendono per toccarlo, si concede generoso e veramente felice di essere lì in quel momento per divertirsi, non per fare un mestiere…una lezione per tanti divi de noantri che riempiranno pure otto Arene di fila ma non regalano un unghia di sé stessi al proprio pubblico (ed ogni riferimento a Ligabue è puramente voluto). Salito sul palco il Boss si gira, mostra a tutta la band il primo cartello ed il Juke box è attivato: parte a sorpresa una vera ed autentica rarità, “Be true”, contenuta in un mini album di sole 4 canzoni del 1988 “Chimes of freedom”.

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Che si tratti di una primizia assoluta lo dimostrano i (pochi) secondi in più che servono alla band per accordarsi…. pezzo che sorprende tutti non meno di quanto faccia la successiva “Streets of fire” brano incredibile e raramente eseguito di “Darkness”, che viene chiuso da un assolo folgorante di un Nils Lofgren decisamente ispirato. Il ritorno alla scaletta è segnato da un’altra “botta di vita”, “My love will not let you down” dove è uno scatenato Max Weinberg alla batteria a fare la parte del leone, con un finale scoppiettante con un’unica front line di chitarre composta dal Boss, Lofgren e Little Steven.

La parte finale prima degli “encores” è in linea con le date precedenti, anche se la scaletta annunciata e vergata a mano dal Boss viene cambiata in due dei pezzi annunciati: non vengono infatti eseguite né “Girls in the summer clothes” da “Magic” (e francamente non se ne lamenta nessuno) né “Backstreets” (questa invece ci sarebbe piaciuto ascoltarla) ed è l’album “The Rising” a farla da padrone. Quest’album, cui il Boss è particolarmente legato perché fu la sua risposta di uomo del New Jersey agli eventi dell’11 settembre, è una delle maggiori voci di critica al Boss anche dai suoi più accaniti fans (vedere per credere www.badlands.it ad esempio). Personalmente apprezzo invece i brani che esegue da quest’’album. “The rising” dal vivo è trascinante, “Lonesome day” altrettanto. “Waiting for a sunny day” è forse la più debole delle tre ma, insomma, si lascia pur sempre gradire. American Skin (41 shots), è stata una costante in tutti i concerti italiani: canzone di protesta, forse un po’ difficile per una ottima resa live, ma profonda e struggente.

Born To Run chiude il set e non ha bisogno di commenti. Un’icona, un simbolo, un brano immortale. Due minuti, due, di pausa e si riparte con i “bis”….e con un altro cartello con la faccia del Boss dentro un disegno da neonato e la richiesta di “Born in the USA”. Gag divertente (“This is a very little, little Boss”) e richiesta esaudita. Pezzo mai eseguito prima d’ora in questo tour europeo… ed anche questo che si commenta da solo! Tuttavia anche questo ha rappresentato un fuoriprogramma visto che avrebbe dovuto essere eseguita “Jungleland” che il sottoscritto sogna ogni volta di sentire dal vivo, senza ahimè riuscirci…..mannaggia ai cambi di programma! Il rombo di tamburi di Max annuncia un altro dei brani cui il Boss non rinuncia, quella “American Land” che da bonus track della seconda edizione dell’album folk con la Seeger Session Band, è diventata presenza fissa nei concerti. Splendida ballata di stampo celtico, dove Soozie Tyrrell ed il suo violino hanno avuto modo di sfogarsi!

“Bobbie Jean” è un altro tuffo al cuore prima dei due finali di “Dancing in the dark”, con ballo sul palco con una fortunata del pit prelevata di peso e poi riadagiata tra il pubblico, e “Twist and Shout” mixata con La Bamba. A questo punto sipario finale con Little Steven che porta un altro cartello al Boss ormai sdraiato sul palco….un’altra canzone? No…”Hi Bruce, GRAPPA is here….”, degno finale di un concerto nella patria del prezioso distillato. Il sipario cala quando manca poco alla mezzanotte, dopo ben 2.45 di concerto. All’ora e mezza uno sguardo con Andrea per dirsi: a quest’ora gli America erano già nel camerino, qui siamo solo alla metà…..

Ed anche se si è poi scoperto che a Roma il Boss aveva suonato tre brani in più, a Torino uno in più, a Bilbao ben quattro di più, si può dire qualcosa a questo signore che ogni volta ci regala (ma anche SI regala, è questa la differenza con gli altri mestieranti del rock) così tante emozioni,oltre ad una band per la quale non esistono aggettivi a sufficienza…? E’ significativa l’abiura che in questo tour il Boss ha fatto dei suoi due ultimi album.

Nessun brano da “Magic”, solo due da “Working on a dream”, ad esprimere la consapevolezza che non si tratta di album in grado di reggere il confronto con i precedenti.

Che dire di più? THANK’YOU BOSS…. ogni volta il timore è di averti visto per l’ultima volta. Già però si vocifera di possibili sorprese prenatalizie…. teniamoci pronti.

Infine un doveroso grazie a Gabriele ed anche al “professionista” Mauro Regis per le foto.

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