Pierangelo Bertoli a Villafranca
Pierangelo Bertoli a Villafranca
Pierangelo: a muso duro!

foto prese dal web

Saranno passati vent'anni, ma la serata me la ricordo ancora bene.

Eravamo al teatro di Villafranca e l'occasione era ghiotta: Deborah Kooperman, folksinger americana naturalizzata veronese, che vanta collaborazioni coi nostri cantautori (Guccini in primis) e conoscenze dylaniane, presentava alcuni classici della canzone folk d'oltre oceano accompagnata dal suo Coro Woodstock.

Scopo dell'iniziativa era la raccolta fondi per una scuola di musicoterapia ancora in embrione, sia fisicamente che come concetto (curarsi con la musica, per tanti, suona ancora oggi una stramberìa).

Quando si parla di "beneficenza alternativa" la gente non è sempre ben disposta e infatti non ricordo un teatro particolarmente pieno.

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La chicca della serata comunque, dopo l'onesta esibizione della Kooperman e soci (lei è mostruosa alla chitarra acustica, arpeggi da paura e "americanità dentro"!!), fu il (breve) concerto di Pierangelo Bertoli.

Bertoli, Bertoli...chi era costui?

A ben vedere la gente se lo ricorda soprattutto per "Spunta la luna dal monte", cantata al Sanremo 1991 con i sardi Tazenda, seguita l'anno dopo da "Italia d'Oro" (entrambi i brani tra i primi cinque e gran successo in classifica del primo).

Qualcun altro si ricorderà "Pescatore", primi anni ottanta, bellissima canzone le cui strofe erano equamente divise con una poco conosciuta Fiorella Mannoia.

Chi segue Ligabue potrà trovar traccia di Bertoli su "Sogni di Rock'n Roll", scritta a quattro mani.

Per il resto, il Nostro è sempre stato un orso anche tra i cantautori, penalizzato dalla poliomielite che lo colpì a tre anni e lo rese invalido alle gambe e, forse, anche dal suo modo di fare e di essere schietto e duro.

Non è mai stato un "piacione", il modenese!

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L'ho sempre considerato capofila nel condannare sfruttamenti ed ingiustizie (la sua Rosso Colore meriterebbe una medaglia al valore civile!), anticlericale al midollo (ascoltatevi "Certi Momenti", "Bianchezza", "Varsavia"), ecologista convinto ("Eppure soffia"), tra i primi a parlare di "sessuale ambiguità" (la bellissima "Maddalena"), autore senza retorica di belle canzoni d'amore ("I miei pensieri sono tutti lì").

Se n'è andato anche lui oltre dieci anni fa e in pochi se ne ricordano, nonostante il figlio Alberto porti avanti con orgoglio il repertorio del padre e la "sua" Sassuolo gli abbia tributato lo scorso anno una due giorni di Cultura (scheda su http://www.sassuolooggi.it/).

Tornando alla serata di allora, come dicevo me lo ricordo abbastanza bene.

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Accompagnato da due eccellenti chitarristi, seduto sulla sua carrozzella, mi incantò per tre quarti d'ora (di più non credo fosse fisicamente possibile).

Spalle larghe, voce riconoscibilissima e nasale, cantava spingendo avanti il torace con le sue braccia enormi! Fumava una sigaretta dopo l'altra e ci raccontava le sue storie e quelle della sua gente.

Storie di lavoro e speranze, di solidarietà, di protesta e amore, ninna nanne, filastrocche ("C'era una volta") in un vortice di volti e acquerelli che ti si dipingevano davanti, di istantanee come foto Polaroid con una cosa in comune: il tratto fermo, il muso duro!

Mai retorico, mai sdolcinato, per nulla ermetico, al contrario! Immediato, secco, quasi scostante, con quella voce da eterno incazzato che ti salta fuori a metà di un comizio a dirti "Spero soltanto di stare tra gli uomini, che l'ignoranza non la spunterà. Che smetteremo di essere complici, che cambieremo chi deciderà"!

Il concerto, seppur breve, aveva emozionato tutti! Si capiva quanto grande fosse stato lo sforzo per cantare, quanta fatica avesse fatto per tirar fuori la voce, ma vedevi soprattutto la passione e la convinzione nelle parole, il rispetto per i personaggi delle sue storie e una naturale autoironia senza piagnistei né menate. Cordiale, affabile e soddisfatto della serata, era venuto per beneficenza e non credo avesse percepito nulla, se non un rimborso spese.

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Un Grande, un altro che, come Augusto dei Nomadi, aveva la sua terra che gli scorreva nelle vene e la sapeva raccontare ("Fiume nero", "Il centro del fiume"): il fiume Secchia, dove gli scariolanti riempivano di sassi le carriole per costruire ponti, strade, case.

Da questa gente che se n'è andata ormai da tempo (Augusto, Bertoli, Graziani, De Andrè, in parte anche Battisti) e che eravamo abituati a sentir dire la loro sulla vita, la politica, il mondo, ci sarebbe ancora davvero tanto da ascoltare. Ma Bertoli, in particolare, a vent'anni di distanza dalla sua "Italia d'Oro", ci avrebbe dato uno scrollone per tirarci giù dai divani, unirci, scendere assieme in piazza (ma TUTTI, però!!), come cantava ad alta voce nella bellissima "Rosso Colore"!!

E se qualcuno prova a mettersi in mezzo: fuori i denti e muso duro!

Canterò le mie canzoni per la strada 
ed affronterò la vita a muso duro 
un guerriero senza patria e senza spada 
con un piede nel passato 
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.
- Pierangelo Bertoli
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