Fiorella Mannoia – Il Movimento Tour 2009
Fiorella Mannoia – Il Movimento Tour 2009

Verona, 04 maggio 2009

Foto di Mauro Regis e Nicola Lonardi

Con l’avvallo di Frank, visto il timore di contravvenire alla linea editoriale del sito, eccomi a raccontarvi del concerto tenuto da Fiorella Mannoia al Filarmonico, una delle ultime date del Tour chiamato “Il movimento”, seguito alla recente pubblicazione del cd “Il movimento del dare”.

L’artista romana, la voce preferita dei nostri cantautori che in questi trent’anni ed oltre di carriera le hanno regalato brani a bizzeffe, e che, quasi per osmosi, è assurta al rango di cantautrice, al punto tale che al premio Tenco si sono visti costretti a creare il premio per la migliore interprete pur di poterne premiare e celebrare le indiscutibili qualità canore, ha ancora una volta riempito il Filarmonico con l’ennesimo “sold out”.

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Foto di Mauro Regis

Il concerto è iniziato con il solito, fastidiosamente fisiologico, ritardo di dieci minuti dovuto agli immancabili ritardatari: ho il biglietto numerato e per questo arrivo all’ultimo momento, anzi, no, anche cinque minuti in ritardo…bisognerebbe che gli artisti fossero più carogne. Si inizia puntuali, e chi si è visto, si è visto…

Palco con illuminazione sobria e raffinata, una serie di quadrati luminosi che a seconda dei brani assumevano tonalità più o meno accese, ed ecco la prima sorpresa: una band quasi del tutto rinnovata rispetto alle ultime apparizioni live.

Su tutte spicca l’assenza del compagno, e non solo in senso artistico, di una vita, nonché produttore ed autore, Piero Fabrizi. Pausa di riflessione, dice lei, e non si capisce se solo artistica…. Alla chitarra quindi l’innesto di Fabrizio Leo, non male come esordio…anche se non è Piero Fabrizi. Unico anello di congiunzione con il passato l’ottimo Luca Scarpa alle tastiere, anzi, quasi sempre al pianoforte, strumento dalla insostituibile ricchezza di sfumature di suoni.

Poi Lele Melotti alla batteria, una sicurezza, la felice sorpresa di una sezione fiati con tromba, clarinetto e sassofono, infine percussioni e basso.

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Foto di Nicola Lonardi

Ad aprire il concerto è stato il brano che apre anche l’ultimo lavoro, “Io posso dire la mia sugli uomini” scritta da Ligabue, efficace seguito di “Quello che le donne non dicono”, il brano di Ruggeri e Schiavone che ha definitivamente reso celebre Fiorella Mannoia. Bel pezzo, che però stranamente nella versione live non è stato eseguito con la stessa energia del brano originale.

Si poteva fare meglio. La prima parte del concerto, interrotto insolitamente da una pausa di 20 minuti circa, è stata giocata tutta su canzoni estremamente melodiche, o rese melodiche con arrangiamenti con chiare venature jazzistiche che hanno un po’ spiazzato il pubblico.

Emblematica l’esecuzione “minimalista” di “Sally”, la canzone di Vasco Rossi che proprio recentemente ha dichiarato a riguardo: “dopo che gliel’ho sentita cantare, mi sono reso conto di averla scritta per lei”.

Scalza, vestita con un lungo abito bianco (“la me par ‘na sposa”, il commento di Enrico al mio fianco), Fiorella Mannoia ha poi eseguito l’inedita “Mimosa” di Niccolò Fabi, ha reso omaggio come spesso ama fare durante i concerti, ai grandi artisti italiani cantando “E penso a te” di Lucio Battisti (esecuzione intensa ed applauditissima), prima di estrarre la prima perla da quello scrigno pieno di gemme preziose che si chiama Ivano Fossati: “C’è tempo” ha fatto venire i brividi a tutti.

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Foto di Nicola Lonardi

“Come si cambia” ha riportato Fiorella al 1984, seconda apparizione a Sanremo dopo quella “Caffè nero bollente” purtroppo ripudiata e mai più riproposta dal vivo. Del nuovo album sono state eseguite “Il movimento del dare “ di Battiato, “Fino a che non finisce” di Bungaro e “Il sogno di Alì”, scritta da Piero Fabrizi quale contributo al progetto di Vauro (applausi) ed Emergency per i bambini afghani. Sipario e pausa.

La voce di Fiorella incanta, ma forse il concerto è troppo melodico… la seconda parte è però in arrivo ed inizia alle 22.35 con l’ennesima perla di Fossati, la celeberrima “Oh, che sarà”, la cui paternità originaria è di Chico Barque .

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Foto di Mauro Regis

Il cambio d’abito segna anche il cambio di ritmo al concerto: un abito verde più aggressivo con annesso stivale vede Fiorella abbandonare lo sgabello che un po’ la faceva somigliare, visto anche il colore dei capelli, a Milva, ed iniziare spesso a muoversi, a danzare sul palco, a voler tener fede a quel “Movimento” che da il titolo al Tour.

“Movimento” che Fiorella ha cercato nell’esecuzione di due brani di Jovanotti – e qui personalmente ribadisco che per quanto interessanti nei testi, questi brani mal si legano ad una cantante come la Mannoia – “Occhio non mente, cuore non duole”, trasformata da rap a recitazione ritmata, e “Io cosa sarò”, contenuta nell’ultimo album.

Non è mancato l’omaggio a Fabrizio de Andrè, pur sempre attraverso la mediazione di Fossati, con la meravigliosa “Smisurata Preghiera” tratta da “Anime salve”.

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Foto di Nicola Lonardi

Perché questo pezzo non vi sembri troppo celebrativo, ecco la principale critica di una serata per il resto quasi perfetta: “Il cielo d’Irlanda”, pezzo che da sempre costituiva una “scossa” di adrenalina ai concerti, per quel ritmo incalzante voluto da Massimo Bubola per ricordare la musica folk irlandese, è stata radicalmente trasformata con un arrangiamento anche in questo caso minimal-jazz che veramente poco ha a che spartire con quella canzone.

Per carità, di fronte ad una voce e ad un’ interpretazione come quelle che riserva Fiorella, ineccepibili, usare l’aggettivo “brutto” non sarebbe corretto.

Diciamo allora che “Il cielo d’Irlanda” suonata così mi è piaciuta poco, è tutta un’altra canzone, è inappropriata, ed infatti ha spiazzato il pubblico che non ha compreso quando Fiorella ha chiesto di proseguire nel canto….momento comicoimbarazzato ed avanti.

A parte questa perdita di ritmo, nella seconda parte del concerto la band si è espressa veramente ad alti livelli. Come dicevo prima l’inserimento ed il largo uso dei fiati hanno dato grande sostegno allo spettacolo che ha visto un nuovo arrangiamento, questa volta più ritmico per un altro cavallo di battaglia, “Il tempo non torna più”, uno dei rari brani di Enrico Ruggeri, nei primi anni della carriera autore delle sue più belle canzoni, che ancora vengono eseguiti live, frutto di una brusca interruzione del rapporto artistico tra i due.

Un peccato, perché continuo a ritenere un delitto non eseguire brani che (non dimentichiamoci l’iperattivismo live di Ruggeri fino a che non ha scelto di diventare un personaggio televisivo) erano stati scritti proprio pensando anche alla loro eseguibilità live. Mi riferisco ad “Ascolta l’infinito”, alla “Giostra della memoria”, a “L’altra madre”, a “Belle speranze”…e a tante altre…..

Arrivava così il momento dei bis, bis caratterizzati dall’ironica apertura dedicata alla “cambiale” che puntualmente Fiorella deve onorare ad ogni concerto, “Quello che le donne non dicono”, canzone che ormai Fiorella sa che deve cantare in compagnia del teatro, come puntualmente è avvenuto.

La sorpresa, rispetto alle scalette dei concerti precedenti, è stata l’inserimento, graditissimo, de “La storia” di De Gregori, già precedentemente omaggiato con la splendida “Giovanna D’Arco”. Testo che rappresenta un capolavoro assoluto, interpretato in modo ineccepibile. Brividi assicurati.

Il finale è stato a dir poco scoppiettante. Si è partiti con “Buontempo” di Fossati eseguita con ancora più ritmo e verve dell’originale, con una Mannoia scatenata a ballare sul palco ed una band scatenata nel ritmo, ritmo cui il teatro, ormai definitivamente “sciolto”, si è adeguato ben volentieri.

Senza soluzione di continuità, ma con la vezzosa aggiunta di un cappellino nero di paillettes, Fiorella ha eseguito “Carlito Marron” dei Carlinhos Brown (guardateveli su Youtube), arrivando a scendere dal palco a passo di danza, danza proseguita in mezzo alle poltrone della platea completamente attraversata (c’è mancato poco che partisse il trenino) con continui “duetti” con gli spettatori più intraprendenti nel ballo.

Applausi a scena aperta e sipario conclusivo dopo due ore abbondanti, al netto della pausa, di grande musica.

E qui, per concludere, mi riaggancio a quanto detto in merito al concerto degli America.

Ieri sera il concerto ha realizzato quel “movimento del dare” cantato nell’album: Fiorella Mannoia ha saputo ricevere il calore di un teatro esaltato dalla sua impareggiabile voce e classe, ma ha saputo ripagare in pieno questo atteggiamento del pubblico con grande generosità, dialogando con il pubblico, senza spocchia, con una grande presenza scenica, con l’aggiunta a sorpresa di un bis e con l’apoteosi della inedita festa di ballo in mezzo alla platea.

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Foto di Nicola Lonardi

Non c’è che dire, di fronte a questi atteggiamenti si esce da un concerto pensando di aver speso bene il prezzo del biglietto perché si è avuta netta la percezione di aver ricevuto qualcosa da un’artista che dimostra di non stare su un palco solo per timbrare il cartellino, ma per rapportarsi con il pubblico, quel pubblico cui deve il proprio successo.

Personalmente poi sono stato felice di aver “battezzato” il cugino acquisito Enrico al Filarmonico e di aver visto la sua emozione ed il piacere di aver assistito ad un concerto cui non si è pentito di assistere.

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Foto di Nicola Lonardi

E per chiudere la chicca finale: all’uscita dal teatro, visibilmente provata, ma nonostante tutto disponibile, Fiorella si è intrattenuta a firmare autografi e prestata a qualche scatto….non c’è che dire, la classe non è acqua!!!

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