Teatro Nuovo di Verona, 5 marzo 2014
Foto dal sito http://www.jolefilm.com/
Si tratta di tre racconti presi in prestito da Jack London. Storie di uomini e cani, e di musica, tanta musica, che segue la narrazione, le pause, i movimenti e simula i rumori, le sensazioni, i lamenti.
Marco Paolini ci racconta storie che nello spazio e nel tempo sono molto lontane da noi, ma che in fondo rappresentano i diversi caratteri che l'uomo porta con sé da sempre. Si narrano storie di vita difficile, in luoghi esterni alla civiltà dove vigeva la regola dell'uomo duro (e del cane più resistente); storie legate a territori freddi, spinosi, pungenti per il freddo e per la difficoltà di integrarsi con chi era già arrivato prima.
Come detto, le musiche hanno fatto da cornice perfetta ai tre racconti. La "colonna sonora" messa in campo è stata scritta da Lorenzo Monguzzi (chitarra, componente dei Mercanti di Liquore), Angelo Baselli (clarinetto) e Gianluca Casadei (fisarmonica).
Il primo racconto, Macchia, è quello con i toni un po' più pacati, in quanto, pur cercando di disfarsi del cane, il padrone se lo ritrova sempre appresso, in una situazione di strana amicizia uomo-animale. La storia appare simpatica, scivola piacevolmente lasciando un retrogusto malinconico, sarà per lo strano rapporto instaurato tra cane e padrone, o forse per i suggestivi paesaggi che Paolini è riuscito a farci vivere con le sue parole che hanno fatto da guida alla nostra immaginazione.
Bastardo è un racconto un po' più ruvido, fatto di sangue e conflitti violenti. Un uomo infernale con un cane diabolico, una coppia unica che fa rabbrividire chi li incontra. Le musiche sono aspre e dure, niente a che vedere con le calde e malinconiche melodie della prima parte. Durante la narrazione dei racconti spuntano di rado riferimenti ad avvenimenti attuali, ma il tutto è molto contenuto. Marco Paolini aveva anticipato che non avrebbe seguito il suo classico stile di fare monologhi, ma si apriva a una narrazione che lasciasse spazio alla musica.
Così, cercando di capire dove volesse parare, si giunge al terzo racconto.
Il terzo è a mezza via. Non c'è il rapporto affettuoso o l'atmosfera malinconica del primo, ma neppure la brutalità emersa nel secondo. Il terzo ha un sapore... come dire... non ha sapore! Si tratta di un rapporto staccato, freddo come la neve sulla quale i protagonisti camminavano. L'uomo vede il cane come un oggetto di cui servirsi al bisogno. Il cane appare sempre più astuto, o meglio, indipendente. E alla fine si capisce il perché. Da quale parte stava il narratore che conosceva tutte e tre le storie?
Dalla parte del cane che in questi racconti ha mostrato sempre uno stretto legame con l'uomo ma che, nel momento opportuno, ha saputo slegarsi dall'ingenuità dell'uomo stesso.
Penso che da questi racconti si possano estrapolare diversi messaggi. Nel complesso sono stati racconti tragici, di migranti in cerca di fortuna, così come il breve fatto raccontato sul ragazzino giunto in Italia da terre lontane, in cerca di una vita migliore che forse spesso risulta essere più un miraggio.
Buon compleanno Marco e avanti così.
sèmm minga dumà nünch che ghèmm una cusciensa.
Gh'è gent che mör de fàmm, san pü 'duè giràss,
e a dìla propri tütta, ghèm poch de lamentàss.