Arena di Verona, 04 luglio 2010
Foto di Nicola Lonardi
Sorprendente. Anzi, felicemente sorprendente.
Se c’è un aggettivo adatto per descrivere il concerto cui ho assistito in un’Arena non esaurita ma ben popolata (ad occhio e croce tra le 9.000 e le 10.000 presenze), in compagnia di Andrea e Franco, è proprio questo.
Trent’anni dopo la fine di un sodalizio durato tre anni (dal primo concerto del 1978 passando per il trionfale tour seguito alla pubblicazione di “Banana Republic” per poi finire con la collaborazione in “Viva l’Italia” ed al disco di Ron “Una città per cantare”) Lucio Dalla e Francesco de Gregori hanno ritrovato la voglia di riunirsi nuovamente per un tour chiamato “Work in progress”, nato con un concerto benefico in un club del modenese nello scorso novembre, concerto che evidentemente ha convinto i due che la reunion fosse “cosa buona e giusta”.
Dopo una serie di concerti a Milano ed a Roma, la tappa areniana era la seconda del lungo tour estivo che si concluderà ad ottobre e che pare destinato a sfociare in un doppio cd live a fine autunno.
Quando due giganti della musica leggera italiana degli ultimi 40 anni decidono di mettersi in gioco per un’operazione del genere, non ci possono essere vie di mezzo. O sarà successo, oppure sarà fallimento.
Troppo ingombrante infatti il ricordo di uno dei tour memorabili della storia recente della musica leggera italiana per non costituire una pietra di paragone cui inevitabilmente tutti avrebbero guardato. Personalmente, essendo troppo giovane all’epoca del Banana Republic Tour, il timore era dato dal comportamento di Francesco De Gregori, personaggio scorbutico, poco incline al rapporto con il pubblico, per giunta reduce da un’ultima fase di carriera segnata da una svolta ancora più intimista. Il ricordo dell’ultimo concerto cui abbiamo assistito due anni orsono al Filarmonico era ancora vivo.
Un concerto tecnicamente perfetto, ma monocorde, asettico, ingessato e grigio come l’elegantissimo vestito con giacca, cravatta e cappello che l’artista romano sfoggiava in quell’occasione. I dubbi pertanto erano duplici.
Come si sarebbe dipanato il concerto vista la differenza quasi abissale tra l’estro istrionico di Dalla ed il freddo distacco di De Gregori? Il rischio di due concerti paralleli che non riuscivano a trovare la giusta alchimia era forte. E così permaneva il dubbio sul ritmo che i due avrebbero dato alla loro performance.
Certo la reunion di due mostri sacri del genere valeva la pena di essere vista di persona, e tuttavia i sospetti, condivisi con i miei compagni di ventura, inducevano ad un clima di scetticismo. Scetticismo che veniva fugato immediatamente fin dall’ingresso in scena dei due protagonisti, sulle note di “Tutta la vita” accompagnati da una band pronta a far capire che la serata sarebbe stata incentrata sul ritmo e su arrangiamenti tirati al punto giusto!
Lucio Dalla lo conosciamo tutti, quasi settant’anni e non sentirli, geniale giocoliere con la voce quando si lancia in quei ghirigori vocali che da soli fanno quasi un’orchestra, capace di gestire scena e pubblico come pochi.
Che invece ci trovassimo di fronte ad un De Gregori diverso avremmo dovuto capirlo fin da subito,
quando il quasi sessant’enne si è presentato in scena con un vistosissimo cappello stile avanspettacolo
rosso fiammante.
Esaurite le note di costume, si diceva di come i due sin dall’inizio abbiano subito pigiato decisi
sull’acceleratore con una vibrante “Tutta la vita” che ha subito sciolto un pubblico dall’età media certo elevata, facendo subito cadere i dubbi e le incertezze che forse non appartenevano solo al sottoscritto.
I due cantano assieme, laddove a De Gregori è lasciata la responsabilità delle seconde voci mentre Dalla si prende la sua specialità, l’accompagnamento vocal-strumentale dove la voce a volte viene fatta giocare ed a volte viene fatta letteralmente suonare, quasi fosse una sorta di percussione.
E’ stato De Gregori a prendere subito la parola (anche questo un evento, e l’ennesimo segnale di un atteggiamento diverso verso il pubblico) preannunciando che il concerto avrebbe proposto “un sacco di belle canzoni”, quelle belle canzoni delle quali il repertorio dei due è pieno e dal quale sono state subito estratte altre due perle quali “Titanic” ed “Anna e Marco”. Il clima sul palco è visibilmente bello.
L’amicizia ed il rispetto che caratterizzano il rapporto tra i due, la gioia stessa di suonare e cantare assieme traspaiono evidenti, così come è evidente il reciproco rispetto per il lavoro altrui, l’attenzione con la quale l’uno canta le canzoni dell’altro e viceversa. Passata la sempre emozionante “Leva calcistica del ’68”, è la volta di Dalla a prendere la parola: “Solo un cretino come me poteva pensare di chiamare una canzona, “Canzone”…non servono altri commenti per uno degli ultimi veri successi del cantante bolognese, la cui vena artistica ultimamente è stata assorbita dal progetto del musical “Tosca”.
Rimasto solo sul palco Lucio Dalla ha introdotto, spiegandone l’origine, uno dei suoi brani che personalmente apprezzo di più, non certo tra i più noti, “Henna”, brano cui lo stesso autore si dimostra particolarmente legato.
E’ una sorta di dialogo tra un soldato ed il suo superiore durante la guerra nella vicina Bosnia (Dalla ha detto di aver trovato l’ispirazione assistendo al passaggio di cacciabombardieri diretti in Bosnia mentre si trovava in barca alle Isola Tremiti), laddove il soldato rappresenta al superiore il disagio per il massacro cui sta assistendo e la voglia di uscire da questo tragico gioco nella speranza di vedere un giorno finalmente trionfare l’amore. Canzone che mette i brividi ogni volta che la si ascolta, soprattutto se eseguita con l’intensità apprezzata in Arena.
Cambio di staffetta e stavolta è De Gregori a rimanere solo per eseguire un altro brano che mette i brividi, “la Storia”, brano dal testo immenso, soprattutto se paragonato alla miseria del quadro politico e non solo in cui viviamo.
La reunion è vera e funziona ed il concerto lascerà pochi, anche se significativi, spazi alla solitudine dei protagonisti sul palco. “Gran Turismo”, la prima degli inediti incisi appositamente per l’evento parla di viaggi e confusione, tema caro a De Gregori già in Viaggi e Miraggi. Un ulteriore novità della serata è vedere De Gregori al pianoforte, così come il suo compagno di scena. Ed è al pianoforte che esegue “Santa Lucia”.
Il ritmo torna a decollare con una vibrante e bellissima “Nuvolari”, per la quale Dalla si esibisce con la cuffia da pilota che sostituiva illo tempore il casco, mimando la guida dell’Alfa Rossa del pilota mantovano. In questa circostanza si è potuto apprezzare l’accompagnamento dei vocalist (maschio e femmina).
La band è decisamente in palla: ne fanno parte due pedine storiche del gruppo di De Gregori, il baffo di
Guido Guglielminetti al basso ed Alessandro Arianti in versione jolly tra chitarre e tastiere, un Roberto
Mariani alle chitarre elettriche veramente convincente così come estremamente con vincente e di peso
è stata la parte ritmica con batteria ed ampia sezione percussioni.
Ad una “Viva l’Italia” capace di scatenare il coro di accompagnamento dell’Arena, ha fatto seguito una
cattivissima “L’Agnello di Dio”, tirata come non la sentivamo da tempo e come merita di essere eseguito
un brano così tagliente.
E così è venuto naturale il commento: per sentire finalmente un concerto di De Gregori così ben ritmato e convinto c’era bisogno di Lucio Dalla! Il blocco “gregoriano” è proseguito con la splendida “la valigia dell’attore” (brano per la verità scritto da Alessandro Haber), “L’abbigliamento di un fuochista”, introdotta da un monologo ben recitato da Marco Alemanno (uno dei vocalist) tratto da “La fine del Titanic” di Enzensberger.
Al miniblocco gregoriano ha fatto seguito un mini blocco di canzoni di Lucio Dalla introdotte da quella “Disperato Erotico Stomp” che ha immancabilmente fatto cantare e sorridere l’Arena, per passare poi per “Piazza Grande”, “Come è profondo il mare” e “L’anno che verrà”. Si canta maggiormente con le canzoni di Dalla, più popolari, più figlie di quella tradizione emiliana di musicalità così legata alla giovialità di quella terra.
E’ forse per non segnare il distacco con il suo compare che De Gregori questa volta non cede al suo tipico vezzo, croce e delizia del suo pubblico, di cambiare arrangiamenti in modo anche estremo e non sempre felice, alle proprie canzoni, per spiazzare il pubblico. Anche le sue canzoni vengono eseguite in modo pressoché fedele all’originale, semmai impreziosite da arrangiamenti decisi, ritmati, accattivanti.
Dopo le versioni emozionanti di “A Pà” e “Futura”, l’emozione, anzi, lo stupore autentico, nascono dall’introduzione che De Gregori fa alla celeberrima “Rimmel”, invitando – udite, udite!!- esplicitamente il pubblico a cantarla insieme con lui! Chi conosce De Gregori strabuzza incredulo gli occhi e fatica a credere a quanto ha appena sentito, ma è tutto vero e certo l’Arena non si lascia pregare e canta.
Forse il segreto di tale “folgorazione sulla via di Damasco” sta nella ricerca di una versione ben riuscita e particolare da cristallizzare nel doppio cd che verrà partorito da questo tour, ma anche questo è un segnale di quanto questa reunion abbia giovato ad entrambi! E’ stata poi la volta del brano che in questo periodo alla radio fa da traino al tour, quella riedizione della celebre “Gigolò” il cui esito è godibilissimo laddove ancora una volta le qualità di giocoliere vocale di Dalla si esaltano. Siamo ai fuochi d’artificio finali e De Gregori resta solo per far venire per l’ennesima volta i brividi all’Arena con “La donna Cannone”.
Brividi immediatamente replicati da Dalla che esegue da par suo quella “Caruso”, canzone purtroppo abusata da troppi, e finalmente ascoltata nella sua unica, straordinaria originale versione. A segnalare ancora una volta che il filo conduttore di questo concerto è stata una perfetta chimica tra i due e la loro bravissima band, l’ultimo brano prima dei bis è stata una versione di “Buonanotte Fiorellino” in chiave rock che ha provocato la standing ovation strameritata.
Il tempo di un bicchiere d’acqua ed ecco i bis con “04 marzo 1943”, “il bandito e il campione”, “Balla Ballerino” ed il finale con la inedita “Non basta saper cantare (anche se a volte serve)”. Ecco, se un appunto, anche due, si può muovere a questo concerto è questo. Aver riservato un finale fisiologicamente in tono minore, con una canzone inedita che nessuno o quasi conosceva e che pertanto non ha creato quel clima eccitato, quell’esplosione finale, che di solito si riserva al finale di concerto.
Anche su questa scelta pesa forse la scaletta del realizzando cd da rispettare, ma si poteva chiudere in modo più consono. Magari rendendo il doveroso omaggio, chiudendo così idealmente il cerchio della storia, al glorioso tour del ’79, con il brano più famoso di quell’album, quella “Ma dove vanno i marinai” che avrebbe esaltato le qualità di eccellente clarinettista di Dalla e la voce di De Gregori.
Si tratta tuttavia di dettagli che non scalfiscono la sorprendente bellezza di questo concerto generoso nella durata (ben 2 h. 35 senza una pausa!), nella scaletta (29 brani eseguiti), ma soprattutto nella qualità dell’esecuzione da parte di due grandissimi della musica italiana…
Se stare su un palco non è un mero mestiere, ma è il frutto di una passione da saper comunicare al
pubblico, la strada da seguire è inevitabilmente questa… c’è chi a settant’anni (il Maestrone Guccini)
suonati o quasi, come Dalla e De Gregori, questa strada continua a tracciarla, oppure riesce a ritrovare
la voglia di percorrerla, c’è chi, ben più giovane dovrebbe incanalarsi su questi nobili solchi, invece di
viaggiare al minimo sindacale…..
SCALETTA
1)- Tutta la vita
2)- Anna e Marco
3)- Titanic
4)- La leva calcistica del ‘68
5)- Canzone
6)- Henna
7)- La storia
8)- Gran Turismo
9)- Santa Lucia
10)- Nuvolari
11)- Viva l'Italia,
12)- L'Agnello di Dio
13)- La valigia dell'attore
14)- L'abbigliamento di un fuochista
15)- Disperato erotico stomp
16)- Piazza Grande
17)- Come è profondo il mare
18)- L'anno che verrà
19) - a Pà
20)- Futura
21)- Rimmel
22)- Gigolò
23)- La donna cannone
24)- Caruso
25)- Buonanotte Fiorellino
Bis 1- 4 marzo '43
Bis 2 - Il bandito e il campione
Bis 3- Balla, ballerino
Bis 4- Non basta saper cantare (ma a volte serve)