David Byrne a Verona
David Byrne a Verona
Testa Pensante

DAVID BYRNE in Verona, 20 aprile 2009

Foto di Mauro Regis

PROLOGO L’idea di venire a vedere David Byrne al Filarmonico parte da Lucio l’Epicentrico ancora qualche buon mese fa. Visto che il lunedì l’Osteria rimane chiusa, quale migliore occasione di farci una serata FALC + RAFFA (la moglie del Lucio, entrata DI DIRITTO nella band, il “quinto elemento” del tutto dissimile alla Yoko Ono di turno, dato che Lucio el fa quel che el vòle…) a Verona, a vedere il mitico leader dei Talking Heads?

Se la cosa mi entusiasma da matti, dall’altra mi preoccupa un po’ che venga cancellato lo strepitoso ricordo che serbo del suo concerto al Teatro Romano nel 1992. Allora eravamo con Fulvio, Terenzio,moglie e Riki per una serata che si rivelò poi memorabile!

Erano gli anni dell’album “Uh-Oh” e del di poco precedente “Rei Momo”, quest’ultimo una sorta di Bignami di musica latina e caraibica a 360 gradi. Fu una serata magica!!

Tornammo a casa tutti con quel groppo allo stomaco che ti coglie dopo aver visto qualche cosa di UNICO, di deviante, entusiasmante, dove pagheresti oro TU per essere tra quelli che gli montano il palco!

Da lì, la definizione di “genio” che Fulvio e io abbiamo sempre riservato solo a lui. Difficile quindi ripetere una cosa del genere, vissuta tra l’altro a neanche vent’anni e a diploma appena preso!

Ma tant’è, l’allegra comitiva si mette in marcia, “veniamo giù dai monti dai monti del Tirolo” e l’appuntamento con la pizza al Listòn è d’obbligo! Manco a dirlo, si ripete un po’ quanto successo con gli America: entriamo, e i musicisti sono tutti bellini bellini al tavolo di fronte a noi!! Che banda colorata!

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Miscuglio di suoni già loro stessi, da un perfetto inglese a un masticato americano, ad un accento quasi latinoamericano (scoprirò poi che Mauro Refosco, il percussionista, è brasiliano con origini italiane, conosce il Refosco dal Peduncolo rosso, vino del Carso triestino, e i “maniacàtti”, suo modo per nominare i vicentini…)!

L’inizio è già buono! Byrne è ingrigito ma sempre con gli occhi che traspaiono genio e follìa. Firma gli autografi volentieri ma in fretta, dietro le simpatiche lamentele del cameriere che, con il classico “strascicato” del dialetto veronese ci dice: ”Che rompic…oni!

I è inglesi, proprio come i Pin Floi! No ghe và ben niente, ostrega”! Sì, forse è vero, ma loro girano il mondo a suon di musica, noi invece….

Le danze si aprono poco dopo le ventuno, con puntualità svizzera, e si chiudono alle ventitre e dieci circa, dopo ben 3 bis! Due ore di “viaggio”! I musici sono 5 lui compreso, 3 coristi e 3 ballerini, tutti rigorosamente vestiti di bianco, vivaci e mai fermi.

La musica è “la solita” : un bel mix di etnofunkpsichedelismo (lo diceva lui nei primi anni Ottanta), sghemba, ossessiva, con la giusta dose di nevrosi ma stemperata da giri melodici, che parte da ritmiche africane, transita dalla foresta amazzonica e si spruzza di Texas!

L’ossatura sono i vecchi pezzi degli Heads, manco a dirlo, con l’elettronica dosata ed usata con sapienza, mai invadente né fine a se stessa come han fatto, poi, gli artisti arrivati dopo di lui. ”I Zimbra”, “Life during wartime”, “Born under punches”, “Burning down the house”, “The great curve”, la dolcissima “Heaven”….

SPETTACOLO UNICO!

Riesce ad essere particolare anche sui toni morbidi, anche imbracciando la splendida chitarra acustica(forse una Guild in ciliegio?) si muove pur stando seduto. Il gruppo è compatto, solido ed affiatato, una gran bella band che non ha niente da invidiare a nessuno!

Dopo tre quarti d’ora, mezzo pubblico inizia a ballare sotto il palco e le ritmiche danzerecce delle percussioni fanno da padrone in buona parte del set. Ma musicalmente è il basso funk a fare da perno, come solo un bassista di colore sa fare….e con SOLO quattro corde alla faccia dei jazzofili!

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Il Filarmonico diventa d’improvviso una sala dance d’avanguardia, lui tiene il palco con i suoi movimenti quasi robotici a dettar legge democraticamente, coi ballerini a far da contorno e uno stupendo coro a tratti gospel, altre volte in ossessivi ritornelli a mo’ di mantra, con richiami ai caraibi… tutto in un calderone di due ore, con qualche momento di respiro collocato giusto…ragazzi, questi SUDANO NOTE e cacano vibrazioni, altrochè, mica country-rock melenso e venefico targato America!

Qua SI BALLA e ci si muove, e loro sul palco per primi dànno il buon esempio! Tutto è ritmo, cori compresi, e la coreografia di ballerini è azzeccata, sobria ed elegante!

Ormai sono le ventitre, il pubblico è in delirio, batte le mani, balla e si muove a dispetto dell’austerità del Filarmonico! Due, tre volte la band esce a fare i bis, ed è sempre acclamata alla grande! Ce ne usciamo in uno stato di trance, e al Fulvio ritorna il dolorino rock che non sentiva da tempo…l’era ora!

EPILOGO Accolti dal sempre simpatico Paolo, titolare della Confetteria Filarmonica, ci si concede un prosecco al bar vicino. Quattro sane ciàcole, due bicchieri e ormai è ora di tornare. Tre facce strane percorrono Via Roma: sono i musici!

Altra occasione buona per un paio di autografi, due chiacchiere in pseudoportoghese con il percussionista, mio malgrado reclino l’invito a bere con loro che mi avevano fatto.

“Il tuo inglese è buono, vieni a bere qualcosa con noi?”…vabbè…non ci sarà un’altra volta ma il mondo è tanto piccolo…

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Chicca finale : all’incrocio con la via del teatro, su di una mountain bike un po’ malconcia, vestito come uno studente in giro per la città…

E’ LUI!!

Applaudiamo Mr.Byrne che ci concede un sorriso spontaneo!!
Parafrasando il titolo del suo ultimo (capo)lavoro: “Tutto quello che dovrà succedere, succederà oggi”!

Alla prossima!

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