La nostra Corsica a suon di pietra
La nostra Corsica a suon di pietra

Siam partiti maramaldi dalla nostra Val d’Alpon, con la macchina, poche cose e le mitiche biciclette. Nel viaggiar verso Livorno mille sogni e aspettative di trovar, nell’isola ignota, la giusta calma ed il quieto vivere.

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Arrivati fra i sorrisi all’imbarco per il mondo Corso, una birra ci siam fatti al partir dell’avventura, molto tonica, di color forte, ci riempie subito il palato, sarà compagna di ogni tappa e di nome fa: “PIETRA’ ”. Pronti, via con il traghetto il nostro viaggio è già un diletto; già scorgiam nell’infinito il nostro magico destino. E’ il momento dello sbarco, via veloci, con le bici ci addentriam nell’immaginario con un impeto selvaggio. Con i nuovi conosciuti, nel traghetto per Bastia, già scoliam, in un istante, la nostra magica “PIETRA’ ”. Prima tappa Macinaggio , il dormir sembra un miraggio, poi troviamo nel campeggio il riposocompromesso. Fra scoregge e rutti liberi riprendiam il giorno seguente, respiriam con grande gioia un odor di incenso pieno. Nel più grande disincanto affrontiam le asperità.

Cap Corse la prima sosta con la solita “PIETRA’ ”.

Ricomincia la salita fra imprechi e canti vari, tutto intorno il grande incanto rende dolce il nostro pianto. Poi vediamo all’improvviso, l’agognata impresa vera: una spiaggia assai selvaggia che raggiunger noi vogliam. Un ostacolo si frappone alla nostra ambita meta, un insieme di acque ferme che guadiamo alla Rambo e via. Ecco a noi Ostriconi che da sfogo alle emozioni. Sorge in noi il desiderio del campeggio libero e selvaggio e piantiam la nostra tenda sul finir della caletta. Come un flash, il dì seguente, il rimprovero severo dell’energumeno soggetto (guardia costiera) che, con tono assai imperioso, dice a noi: “No la tend”. Con lo spirito battagliero ripartiamo alla riscossa ripetendo dentro noi: “No la tend - No la tend”. E’ un canto giulivo e vivo che ci spinge a trasgredire, sempre pronti, all’imbrunire.

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La tempesta sempre in agguato ci colpisce Mercoledì, grande pioggia, grande vento, non ghin podeìno proprio pì. Ristorati nell’Hotel aspettiamo il terzo arrivo del compagno di battaglia, è un’attesa lieta e sana che ci intriga ancor de pì.

All’arrivo dell’Enrico è una festa rutilante e scoreggiante, lo spirito animale si consolida sempre più. Tappa dopo tappa, paesaggio dopo paesaggio ci ritroviamo a Cala D’Orzu ,come sirene ci caliamo nelle dolci e candide acque lavando e disincrostando parte intime e non.

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Fra desideri e fantasie, generati da un ambiente amico, ci ritroviamo spesso in simbiosi a ululare canti folkloristici e anarchici. La Corsica è anche questo: Voglia di sfogare la propria selvaggia libertà. In quel di Bonifacio, il buon Andrea si imbatte in un inconveniente tecnico non indifferente. Visto il problema di raggi alla ruota posteriore decide, di petto, di addentrarsi nei paraggi. In quel di Porto Vecchio, la soluzione al problema ci spinge ad avventurarci all’interno dell’isola. Sguardo cazzuto, aspetto orripilante e lezzo incredibile allontanano da noi ogni possibilità di socializzazione. Ne fa le spese Andrea che si scontra con il sospetto della leonina vecchietta la quale lo apostrofa con un duro: “Je veux rien”. L’interno mitico e imponente trasuda “selvaggiume” allo stato puro.

Ci gingilliamo nella visione estasiata dell’intreccio delle montagne e delle valli profonde poi, l’incontro con un gruppo di maiali grugnanti ci riporta alla stretta realtà di un mondo che possiamo solo visitare e non conquistare. Lo sguardo diretto e potente dell’essere “suinante” ci fa capire che non è il caso di fermarsi a campeggiare.

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La fame, intanto, si fa sentire e nei paesetti fantasma dell’interno gran difficile è poter trovar qualcosa per muovere la mandibola. Dopo un estenuante fatica e 100 km, circa, percorsi fra suoni vari (grugniti, cinguettii) e le nostre immancabili performance fisiche (scoreggiamenti e rutti impossibili), un’ oasi di speranza innanzi a noi: un ristorante “APERTO” nel bel mezzo del nulla.

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Ci scaraventiamo a tavola e ordiniamo, repentinamente, un pasto a base di spaghetti e cinghiale. Mangiamo e beviamo (vinello Corso tosto) a dismisura, ci insozziamo senza ritegno come dei veri maiali, “sgrunf..sgrunf..”, nella porcilaia. Alla fine il campeggio notturno si rivela arduo e impegnativo, lo stato di sbronza tocca vertici mistico-nauseanti.

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Il giorno dopo è proprio un altro giorno. Partiamo a mille, sbuffanti e arrapati, ritmi vertiginosi da crono-corsa per raggiungere il cuore dell’isola: Corte, una splendida Rocca nel centro della Corsica. L’impatto è immediato, la voglia di “PIETRA’ ” immensa.

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Si profila l’ultimo giorno di questa fantasmagorica avventura, presi da sconforto per l’imminente fine ci gettiamo con i nostri mezzi in un appassionante taglio del dito (n.b. una strada sterrata che attraversa l’alta Corsica a nord) quasi a simboleggiare una rottura nostalgica con l’ambiente che ci ha accolto in questi 14 giorni. Esperienza unica, vissuta al 100% in un ambiente subito amico, con gente perlopiù gentilissima (tranne qualche episodio, vero Andrea!!). Il nostro languido inno finale si riassume in un'unica frase che resterà per sempre nella storia: VIVE LA CORSE E CHI LA PERCORSE!

In ricordo di una magnifica avventura vissuta con compagni fantastici: ANDREA-ENRICO

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