Hermanos de la Cueva
Hermanos de la Cueva

Questa volta non scriverò di musica, né di viaggi musicali, ma semplicemente di “viaggio” e basta. Sono a casa da ormai un mese, dopo venti giorni passati a cercar grotte nella Gran Sabana del Venezuela, e ancora ho negli occhi e nel cuore quanto vissuto, visto, annusato, assaporato, toccato con mano! Al mattino il mio pensiero è là, in territori lontani, in mezzo ad una natura selvaggia grande quanto la Svizzera! Ai “più” sembrerà strano che alcuni strani personaggi si muovano, fatichino, sacrifichino tempo, soldi, ferie, famiglia a caccia di buchi per terra in giro per il mondo! Ma tant’è: è rock anche questo, chiamiamolo pure così! Ho passato venti giorni strepitosi, assieme a gente eccezionale, millequattrocento chilometri a sud-est di Caracas, a tre chilometri dalla frontiera brasiliana dove sconfinavamo, di tanto in tanto, per mangiare il Churrasco(= carne cotta alla griglia) e bere la caipirinha. Non abbiamo fatto solo questo, per fortuna! La spedizione è stata organizzata dall’associazione “La Venta”, gruppo eterogeneo di speleologi, geologi e altro tipo di “logi” che si diverte a scandagliare ciò che resta da scoprire sotto terra (e anche sopra) negli angoli di mondo ancora remoti e spesso inaccessibili (vi invito a visitare il loro sito : www.laventa.it) . Gente esperta, esploratori e geografi navigati, abituati alla fatica e ai disagi ma sempre pronti a far cagnara quando è ora, a divertirsi e a bere rum all’occorrenza! Siamo stati ospitati a Yunèk, villaggio di indios di etnìa “Pemon”, centocinquanta anime di cui un terzo sono bambini.

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La loro vita è semplice, lentissima, scandita dal sole e dal fiume. Una manciata di capanne,una chiesa battista e una piccola scuola che ci hanno prestato per farne il nostro “quartier generale”. Sottraggono col fuoco la poca terra che coltivano, con pochi attrezzi, poco risultato…e poca voglia! Bruciano la foresta, seminano la yucca (il loro grano), piantano qualche banano e ananas…diciamo che il loro è più un “sopravvivere” che un “vivere” vero e proprio. Hanno l’aria sempre triste e dimessa, avvolta di quel fatalismo tipico delle popolazioni dal futuro incerto e precario. Il loro unico mezzo di comunicazione con la città di Santa Helena è “l’avioneta”, cioè l’aeroplanino a sei posti che impiega una cinquantina di minuti per trasportarli dalla foresta. In bilico tra un presente povero e un domani che prevede l’espansione della piccola pista di atterraggio per far arrivare qualche turista in più, all’inizio ci guardavano diffidenti, timorosi, quasi impauriti. Lentamente, il ghiaccio si è sciolto e possiamo dire di esser diventati, se non “amici”, quantomeno non degli scomodi intrusi. La valle dello Yunèk, il fiume che dà loro la possibilità di star lì e vivere, è uno dei posti più belli che io abbia mai visto! I Tepuy, queste montagne non altissime ma inaccessibili, che ti si parano davanti come una barricata di roccia, sono quanto di più selvaggio, sconosciuto, misterioso si possa trovare!

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Le montagne in questione (Akopan, Chimanta, Churì) sono molto antiche. La loro età è stimata in due miliardi e mezzo di anni! Avere la fortuna di esplorarle vuol dire tuffarsi indietro nel tempo, alle origini del mondo e alle sorgenti del Grande Fiume : il Rio delle Amazzoni. La sommità è un discontinuo di crepacci,piante carnivore, radici, piccoli alberi che crescono “sul nulla” di una spanna di muschio. Ci hanno regalato in totale poco più di cinque chilometri di grotte e tanti, tanti sicuri chilometri ancora da scoprire! Immaginatevi una parete tipo Tre Cime del Lavaredo, alta mezzo chilometro, dove, a metà o giù di lì, fuoriesce un fiume di grossa portata! Uno si chiede : chissà da dove mai uscirà quell’acqua, chissà che strada prende dentro la montagna per poi deflagrare con quest’imponente cascata di centocinquanta-duecento metri… …beh… magari non tutti andrebbero poi a vedere, ma noi, spinti dalla curiosità, ci siamo inoltrati dentro il grande buco, tanto lì come in altri posti remoti.

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Vi assicuro: il mondo sotterraneo che abbiamo trovato è qualche cosa di unico! Mai mi era capitato di volare con l’elicottero, nostro usuale nonché unico mezzo di trasporto per arrivare sulla cima e poi calarsi giù per raggiungere gli impervi ingressi. Senza di esso, non si sarebbe potuto far nulla! E neppure senza l’eccezionalità dei piloti di laggiù, Raùl, Jesus, Indio, personaggi incredibili, pronti alla battuta e alla festa quanto serissimi sul lavoro, scrupolosi, attenti ai dettagli e a sbarcarci nelle zone favorevoli alle nostre esplorazioni! Su questo siamo stati fortunatissimi: loro, uniti all’esperienza e alla conoscenza del territorio della nostra guida Freddy, sono stati il punto cardine, il perno per la buona riuscita del viaggio e della spedizione! Senza la preziosa collaborazione della gente di laggiù, non solo la spedizione sarebbe naufragata, ma avremmo anche perso tanti aneddoti, storie di luoghi, persone ed abitudini fondamentali ogni volta che si muove il culo dalle nostre sedie! Un viaggio, un giro, una qualsiasi escursione hanno senso se vissuti da cima a fondo, in ogni momento e in ogni particolare!

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Sarebbe stato molto semplice se noi undici italiani arrivati “dall’alto” ci fossimo catapultati solo sui buchi e concentrati esclusivamente sui chilometri sottoterra ma…cosa avremmo perso?! Avremmo perso il senso vero del viaggio, che è “la scoperta “a tutto tondo, la curiosità di saper bene dove sei, cosa ti circonda, come mai altri sono lì che ci vivono mentre tu sei solo di passaggio e tornerai a casa a breve! Se manca tutto questo, come diceva Mastro De Andrè: ”Saremmo dei cinghiali laureati in matematica”!

Tiriamo le somme: cosa c’entra questo articolo coi Zona Sismica e con la musica in generale? Il senso “ultimo”, affascinante e musicale del mio viaggio lo abbiamo avuto appena prima di partire. Il villaggio intero si è presentato per i saluti dell’ultimo giorno, dopo che la sera prima ci avevano letteralmente stracciato in una improvvisata partita di pallone su di uno sterrato sottratto all’erba e farcito di buche. I capi ci hanno ringraziato, invitato a tornare e si sono scattate le rituali foto tutti assieme.

Bello vedere questa colorita ed eterogenea bbbanndaaa di grottajoli mescolarsi coi volti perennemente un po’ accigliati degli adulti e, al contrario, sorridenti e curiosi dei bambini! Come per magia, appare una vecchia chitarra miracolosamente munita di tutte le sei corde ancora intatte! Dopo una breve accordatina, Tono ed io abbiamo fatto ballare il villaggio sulle note de “La Bamba” , “Capitan Uncino” e “La Locomotiva”!! Come canta Van De Sfroos “…per far solletico a ‘sto mondo, fuori dai cessi e dalle chiese, per il sacrista e il vagabondo…abbiam deciso di suonare senza pesare le persone…”

Ma la cosa che in assoluto mi ha più emozionato e commosso, e per la quale mi sento un privilegiato, è stata la nascita della mia nipotina Irene il 20 febbraio scorso! Ho avuto la notizia in un luogo remotissimo, sospeso a mezz’aria su di una placconata di roccia, in una sera piovosa, dopo aver esplorato quasi un chilometro di “autostrada” sotterranea! Uscire di lì e leggere che la piccola era venuta al mondo ha rallegrato anche il resto della ciurma! A lei e a tutti i bimbi che aprono gli occhi su questo mondo a volte deludente, fiacco, pettegolo,ma così distante da noi e da quello che stavamo facendo, abbiamo dedicato la nostra ultima scoperta : “Auchimpè”, ovvero “Grotta della Pace”…

…buon viaggio a tutti, con l’augurio di cuore che possiate farne tanti, perché il mondo è grande, bello e c’è musica dappertutto!

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