Que Viva Mexico!!
Que Viva Mexico!!

Foto di Giorgio Annichini

Chi ha respirato la polvere del Messico non troverà più pace in nessun altro Paese al mondo.
- Malcolm Lowry, scrittore britannico morto alcolizzato...

Dire Messico, per un “gringo” , uno straniero, o comunque un non-messicano, vuol dire identificare le spiagge di Acapulco, le coste dello Yucatàn, i piccantissimi peperoncini, i sombreri e i messicani Pedro e Pablo che fanno la siesta. Qualche italiano si ricorderà della pubblicità della Lavazza di qualche decennio fa (“Caballero! L’ha colpità! “Ci vuol altro, Carmencita”!), a qualche altro verrà in mente la canzone di Jannacci “Messico e nuvole”, scritta per i mondiali di calcio del ’70…forse alcuni avranno sentito parlare delle rovine Maya di Chichen Itza, ma poco altro.

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In realtà il Messico è grandissimo e lunghissimo! Misura sei volte l’Italia, e parlarne in questi termini sarebbe come dire che in Italia c’è solo la famosa triade pizzaspaghetti- mafia. Il mondo sotterraneo si assomiglia pressappoco dappertutto, sempre con le dovute eccezioni.

Una grotta del Carso triestino la puoi benissimo paragonare a una qualsiasi “cugina” tropicale, così come una galleria sottoterra sulle montagne dell’Asia Minore può ricordarti tanto un abisso delle Alpi Apuane. Alla fine, a ben pensarci, fare un viaggio di due giorni andata e due ritorno, spostarsi per undicimila chilometri con bagagli e attrezzi di varia natura, impiantar tende e generatore per cacciarsi dentro a un buco che puoi trovare anche qua a un’ora d’auto…beh…sa molto di ridicolo e di perdigiorno!

“Ma che cosa ci guadagnate”? continua a domandarmi la gente? Mah, non è tanto facile rispondere. O meglio, rispondere è immediato : NESSUNO ci guadagna NULLA, anzi! Questo se con “guadagno” si pensa a soldi, mezzi, agevolazioni, fama, gloria, donne (Ah!Ah!Ah!).

Se, però, ciascuno corregge il tiro e sposta l’attenzione su se stesso, il guadagno non lo puoi quantificare!

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Anche stavolta l’allegra compagnia di grottaioli guidata dall’Associazione “La Venta” , come càpita da vent’anni a questa parte (grazie, grazie di cuore a tutti i soci!) ha organizzato una spedizione a zonzo per il mondo, per mettere il naso dove pochi vanno e divulgare, poi, ciò che si è scoperto in terra straniera. Eravamo in diversi e da diverse parti d’Italia, con l’innesto di uno spagnolo e qualche messicano!

Una bbbbannndaaa colorita e scapigliata, dal terrone napoletano al pastore sardo, al romanaccio “burino”, al romagnolo tutto “lissio” e Casadei, al veneto “ farina da òstie”, al furlàn graspajolo! Tutti uniti in una mistura di dialetti, modi di dire, espressioni colorite, a seguire i nostri sogni.

Di sogni si tratta, certo! Sogni ad occhi aperti, sogni che partono da dentro di noi e ritornano a noi dopo una fantastica carambola di foreste, piante, uccelli, colori, sapori piccanti, polvere e fango di strade prima seccate dal sole e poi franate dalla pioggia, insetti che ti divorano appena giri la testa, capanne stortignàccole che stanno su non si sa come, muli carichi di roba, campesinos (contadini) dall’aria stanca e rassegnata ma pronta al sorriso appena dài loro attenzione, bambini intimoriti al primo sguardo che non esitano a farti festa dopo che li hai chiamati per nome, tramonti infuocati, un oceano che di Pacifico non ha davvero nulla se non il nome, città caotiche e male in arnese, villaggi (pueblos) colorati, zone sconosciute in odore di rivolta…auff!!

Quante immagini!

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La spedizione, partita come al solito colma di buone intenzioni, con degli “standard” esplorativi e degli ipotetici risultati da portare a casa, si è rivelata poi una palestra di vita.

E’ stata un’occasione unica per conoscere posti dove poca gente mette piede, esplorare foreste remote distanti dalle comodità e vedere una Natura assai diversa dalla nostra, nonché una combinazione spontanea di tante teste e tante idee. Il nostro collante è stata la fatica, le lunghe camminate in posti impenetrabili resi accessibili a colpi di machete (il coltellaccio affilatissimo e lungo che usano i contadini per lavorare nei campi), le giornate caldissime e umide rinfrescate, poi, da scrosci improvvisi, le strade che, alla prima acqua diventano dei veri e propri torrenti, le chiacchiere davanti al fuoco e il quasi totale isolamento da tutto il resto.

Già, un viaggio del genere ti impegna talmente tanto da farti scordare completamente il mondo “altro” ! Mai nessuno che avesse nostalgia di casa…chissà perché, eh?

E’ stata un’immersione totale in un gioco esplorativo che ci ha catturato letteralmente e assorbito tutte le nostre energie!

Che bello!

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Eravamo alla ricerca di grotte grandi, gallerie mastodontiche che, magari, ci portassero dentro alla Cueva del Rio La Venta, sistema enorme di tredici chilometri a breve distanza. O di pozzi profondi che ci facessero sbucare dentro ad un grande canyon, il “Canyon del Sumidero”. Non ci siamo andati da sprovveduti, ma con carte, mappe e numeri che parlavano molto chiaro e ci davano ottime indicazioni e buone speranze.

Poi, in realtà, molto è stato trovato e tantissimo è stato cercato, anche se non quello che ci si aspettava… …ma pazienza! In fondo cosa importa?

La Natura si è divertita a prenderci un po’ in giro, a farci girare come guìndoli su noi stessi in una specie di labirinto sottoterra che ci riportava sempre negli stessi punti di partenza.

Ci ha messo alla prova con decine di punture di garrapatas e pinolillos, le zecche ed i pidocchi “indigeni” che alla sera provvedevamo a toglierci da braghe, gambe e braccia (alcune anche dalla testa) facendoci grattare fino a scorticarci.

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Ci ha accaldato come forni nei nostri giri, rigorosamente a pantaloni e maglie a maniche lunghe, sotto i 35/38 gradi e con l’aria satura di umidità, per poi rinfrescarci con acquazzoni improvvisi e bastonarci con qualche bel chicco di grandine. Le grotte ci hanno infangato da capo a piedi e fatto colare di sudore coi loro venti gradi, secche,quasi asciutte e senza una bava d’aria. In compenso, abbiamo esplorato praticamente sempre e senza pause, in un delirio sotterraneo di sale, pozzi, sifoni, un vero e proprio mondo!

E’ stato divertente ed appagante come non mai e tanto lavoro resta ancora da fare. Il mio bagaglio di ricordi ed emozioni cresce ogni volta, ed ogni volta avrebbe bisogno di una penna migliore per essere descritto.

E’ impressionante vedere quante cose si riescono a fare vivendo veramente qualsiasi ora del giorno! Non c’è spazio per i perditempo, per i lamentoni, per i maniaci della pulizia e dell’Amuchina sull’insalata! Non c’è tempo per pensare ai deliri dei politici di casa nostra, alle zuffe calcistiche, ai danni mentali provocati dalla televisione!

Qua si Vive con la “V” grande, si scopre ogni giorno qualcosa di nuovo, si condividono le fatiche esplorative e le fantasie per preparare la cena, per prendere l’acqua al pozzo, per disegnare le grotte.

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Qui si scende dalla “carèga”, si rimettono in gioco le nostre abitudini, ci si prende continuamente in giro (e guai a chi si offende!) ci si scherza di continuo, si ride, si suda, si impreca, si delira…ci si commuove!

E come fai a non commuoverti di fronte ai bambini della Colonia Cardenas, villaggio distante da tutto, che a sei anni si sobbarcano tutte le mattine un’ora di strada a piedi per andare a scuola? Se poi è appena piovuto, allora il fango la fa da padrone e il tempo si duplica!

Come fai a non “ingropparti” nel guardarli mentre faticano a prender l’acqua dal pozzo, o si lavano le poche robe che hanno addosso dentro a qualche pozza nel campo, dopo che è appena piovuto?

Questa gente ha le sue buone ragioni per non volerci tra i piedi, noi, fancazzisti e ricchi “gringos” del vecchio continente, che andiamo in grotta perché, a parer loro, cerchiamo l’oro, il tesoro di Teotihuacàn!

Tanto lavoro di mediazione, e una fiducia acquistata sul campo, li hanno man mano convinti (…forse…) che la nostra è una passione e basta, e che in fondo non siamo poi così ricchi come sembra.

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Complimenti a “La Venta”, a Natalino e Francesco, i nostri “esperti”, che han saputo renderli partecipi delle nostre intenzioni! Bellissimo condividere il pranzo con loro, spartirci pane e acqua e poi, casco in testa, farli entrare in grotta per primi, per vedere cosa c’è dentro (“Lodo y Barro”, cioè “fango e fango”!!), per violare il buio per la prima volta, sentirli entusiasti, sorridenti, stupiti come bambini a santalucìa…. ….e, perché no?

Nella segreta speranza di dimostrare che, sottoterra, dentro ad un buco umido, con la sola luce dei nostri caschi…beh….davvero le persone sono tutte uguali!

Alla prossima!

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